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Art. 651 - Rifiuto d’indicazioni sulla propria identità personale

1. Chiunque, richiesto da un pubblico ufficiale nell’esercizio delle sue funzioni, rifiuta di dare indicazioni sulla propria identità personale, sul proprio stato, o su altre qualità personali, è punito con l’arresto fino a un mese o con l’ammenda fino a euro 206 (1).

(1) Ammenda così aumentata ai sensi dell’art. 113, L. 689/1981.

Rassegna di giurisprudenza

La ratio della fattispecie incriminatrice di cui all’art. 651 è quella di salvaguardare l’esigenza di consentire al pubblico ufficiale una pronta e compiuta identificazione del soggetto in circostanze d’interesse generale, e allo scopo precipuo di evitare intralci all’attività di soggetti istituzionalmente preposti all’assolvimento di compiti di prevenzione, di accertamento o repressione dei reati, o di semplice garanzia della quiete pubblica, non rilevando, ai fine della configurazione del reato, se il soggetto attivo della contravvenzione sia responsabile di un reato o di un illecito amministrativo, atteso che anche il soggetto non direttamente destinatario dell’attività svolta dai pubblici ufficiali, se sussistono ragioni di opportunità legate al più proficuo svolgimento del servizio, sono tenuti a fornire indicazioni sulla identità personale (Sez. 1, 6918/2022).

Il reato previsto dall’art. 651 si perfeziona con il semplice rifiuto di fornire al pubblico ufficiale indicazioni sulla propria identità personale; pertanto è irrilevante, per la configurazione dell’illecito, che tali indicazioni siano fornite successivamente (Sez. 1, 9957/2015).

Poiché la ratio legis dell’art. 651 sta nella salvaguardia dell’esigenza di consentire al pubblico ufficiale una pronta e compiuta identificazione del soggetto in circostanze di interesse generale, e allo scopo precipuo di evitare intralci all’attività di soggetti istituzionalmente preposti all’assolvimento di compiti di prevenzione, di accertamento o repressione dei reati, o di semplice garanzia della quiete pubblica, non valgono a escludere il reato né la circostanza che il soggetto fornisca una qualche indicazione sulla propria identità personale, senza fornire le complete generalità, né il fatto che la sua identità sia facilmente accertabile (Sez. 1, 3764/1998).

L’elemento materiale del reato previsto dall’art. 651 consiste nel rifiuto di fornire indicazioni sulla propria identità e non nella mancata esibizione di un documento, condotta che costituisce, invece, violazione dell’art. 4, comma 2, TULPS e art. 294 del relativo regolamento, ove ne ricorrano le altre condizioni di persona pericolosa o sospetta, in alcun modo emergenti né nella imputazione né nella sentenza di condanna (Sez. 6, 14211/2009).

L’obbligo di rispondere alla richiesta di generalità da parte del pubblico ufficiale deve essere adempiuto in ogni caso, anche in quello di già appresa conoscenza della persona richiesta da parte del pubblico ufficiale stesso, giacché tale circostanza non significa che questi conosca con certezza i dati personali e quanto occorrente per la completa ed esatta individuazione del soggetto: la norma incriminatrice risponde alla finalità di evitare che l’attività della P.A. sia intralciata nell’identificazione della persona le cui generalità sono richieste nell’esercizio del potere discrezionale attribuito al pubblico ufficiale (Sez. 7, 33186/2016).

Il rifiuto di indicazioni sulla propria identità personale, sul proprio stato o su altre qualità personali, che integra la condotta dell’omonima contravvenzione, non presuppone che il soggetto richiesto sia responsabile di un reato o di un illecito amministrativo (Sez. 1, 18592/2011).

Il reato previsto dall’art. 651 non rimane assorbito ma concorre con quello di resistenza a pubblico ufficiale di cui all’art. 337, risultando le relative condotte completamente diverse, se raffrontate in astratto, e susseguenti materialmente l’una all’altra, se considerate in concreto (Sez. 6, 47585/2007).